mercoledì 4 gennaio 2012

Musica e sofferenza


Chiacchiero con la mia amica Fatima, creando, come sempre,  occasioni per riflettere.
Siamo diversi, una differente  cultura, diverse tradizioni ed abitudini ma questo non ci impedisce di essere curiosi sui rispettivi mondi e scoprire cose nuove.
Non so come si sia entrati in argomento musica ma, come spesso accade,  ne è seguito uno scambio di link con cui ci siamo mostrati i reciproci gusti. Fatima vive in nord africa immersa nella cultura araba ma non vive staccata dal mondo e quindi mi propone cose che anche io conosco; entrambi apprezziamo la musica classica e nel passato abbiamo scoperto punti di contatto, mi racconta come ultimamente le suona nell’orecchio un vecchio successo di Glora Gaynor “I will survive” cosa che mi fa sorridere immaginandola mentre canticchia con il capo coperto nella sua elegante e inseparabile sciarpa di seta .
Viene il tempo di mostrarle cosa ascolto io e mi fa notare come i nostri gusti siano proprio diversi.
Ok, ciò che è più rock e ruvido lei lo percepisce come rumore, non tento nemmeno di convincerla o di farle apprezzare suoni e ritmi tanto diversi da quelli che conosce e quindi vado su ciò che anche sul mio Ipod è sempre presente e la sua reazione è:

“Troppo triste! Devi cambiare il tuo repertorio queste cose sono troppo malinconiche, non ti fanno bene”

Immediatamente mi risveglia un ricordo, un libro letto, direi oltre un anno fa, forse due  “Alta fedeltà di Nick Hornby”.
E' la storia di un personaggio un po’ stralunato appassionato di musica (per molte cose, anche i gusti musicali,  abbastanza simile a me) pieno di strane ansie e paranoie (decisamente io) metodico e  per certi versi maniaco  (acc… riconosco diverse cose)
Comunque mi torna in mente una parte che cerco risfogliando il libro (mi sono riproposto di sottolineare in futuro i miei libri, porco cane!, il libro è pur sempre di 250 pagine e ritrovare un passaggio è quasi impossibile) ma niente da fare non mi riesce di trovarla anche se credo di ricordare la citazione con una certa precisione.

Non demordo, ricordo che dal libro è stato tratto anche un film, tra l’altro fatto abbastanza bene e molto fedele al libro e ai suoi dialoghi (con John Cusack, Jack Black, e  Lisa Bonet la figlia carina nella famosa serie televisiva I Robinson poi moglie di  lenny Kravitz :-) alle volte mi faccio paura per le cose tanto inutili che affollano la mia memoria) e cercando su internet trovo il dialogo riadattato per la versione cinematografica.

"Che cosa è nata prima: la musica o la sofferenza? Ai bambini si tolgono le armi giocattolo, non gli si fanno vedere certi film per paura che possano sviluppare la cultura della violenza, però nessuno evita che ascoltino centinaia, anzi, dovrei dire migliaia di canzoni che parlano di abbandoni, di gelosie, di tradimenti, di penose tragedie del cuore. Io ascoltavo la pop music perché ero un infelice. O ero infelice perché ascoltavo la pop music? "



Interessante disquisizione. In effetti credo di avere sofferto e il mio carattere si sia formato anche per la sovraesposizione di un certo tipo di musica.
Essere fan di gruppi come the Cure dark e tristi con testi di questo tipo
"Leave me to die
You won't remember my voice
I walked away and grew old
You never talk
We never smile
I scream"
non possono lasciare indifferenti, prima nastri, poi cd consumati nell'ascolto struggente.
Poi altri artisti malinconici come David Sylvian e per finire The Smiths . . .  segnano . . . .

Come posso sperare di essere diverso

"I am the son
And the heir
Of a shyness that is criminally vulgar
I am the son and heir
Of nothing in particular"




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